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L'Editoriale (NN. 1-2-3-4-5 del 2012)

OLIMPIADI: IL “NO” A ROMA 2020 È UNO SCHIAFFO ALLA CAPITALE

di Emilio Trevisan 

E così Mario Monti l’ha fatto: il Presidente del Consiglio non ha firmato per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020. È un ennesimo schiaffo alla Capitale, un colpo alla sua immagine e a quella dell’Italia. Il “tecnico” varesino - si sapeva dal suo insediamento - non ha mai avuto grande simpatia per il mondo dello sport, ma nessuno pensava che sarebbe arrivato a tanto. Con questa mossa, sostenuta naturalmente dai soliti nemici di Roma e dei romani (e purtroppo anche da tanta gente in buona fede), Monti ha ottenuto con poca fatica un rafforzamento della sua immagine di avversario degli sprechi e di inflessibile controllore dei conti italici. La propaganda e la demagogia hanno avuto gioco facile in un momento in cui i cittadini sono giustamente indignati per scandali e ruberie; e così anche tra i nostri concittadini sembra che la maggioranza abbia approvato la decisione. In realtà sull’onda dell’emotività non si ragiona lucidamente. Noi non possiamo rassegnarci all’idea che in un grande Paese come l’Italia e in una grande Capitale come Roma non sia possibile organizzare bene degli eventi importanti. Quando qualche anno fa per pochissimi voti Londra beffò Parigi, aggiudicandosi l’organizzazione delle Olimpiadi del 2012, nella Capitale francese si arrivò quasi a proclamare il lutto cittadino e sulle rive del Tamigi si festeggiò per giorni. E nella Capitale di uno Stato come quello spagnolo, dove la crisi economica non è meno grave che in Italia, a nessuno è mai venuto in mente di chiedere a Re Juan Carlos di non firmare la candidatura di Madrid. Saranno tutti pazzi? Si è arrivato persino a sostenere che la crisi della Grecia fosse dipesa dall’aver organizzato le Olimpiadi di Atene nel 2004, “dimenticando” che il tracollo ellenico è stato causato dal fatto che quel Paese ha vissuto per molti anni al di sopra delle sue possibilità, arrivando a truccare il bilancio dello Stato per ottenere l’ammissione all’euro. L’ex Sindaco di Torino Sergio Chiamparino, che organizzò le Olimpiadi invernali nel 2006, lo ha detto chiaramente: “La questione andava valutata diversamente. Stiamo ritrovando la fiducia internazionale e se avessimo avuto le Olimpiadi il riconoscimento sarebbe stato evidente, clamoroso. E si sarebbe trasmesso ai cittadini. Non dimentichiamo che a Torino dopo il 2006 i flussi turistici sono aumentati del 25%, ma il lascito più importante di quell’evento non ha prezzo: fu la fiducia, l’orgoglio di farcela. Si potevano fare dei Giochi sobri, non c’è un destino cinico e baro per cui in Italia le cose devono essere fatte male sempre, in eterno. Poteva essere una buona occasione per mostrarsi diversi, migliori, magari con una classe dirigente capace ed onesta”. Condividiamo in pieno le parole di un acuto osservatore come Luca Landò, che su l’Unità ha scritto: “La decisione di Monti ci lascia l’amaro in bocca. Non ci convince. Se siamo riusciti ad allontanarci dal baratro davvero non eravamo in grado di organizzare, senza buchi di bilancio, le Olimpiadi del 2020? E qual è il messaggio che stiamo dando al mondo e agli investitori? Quello di un Paese serio e responsabile o quello di una Nazione incapace di organizzare un grande evento? E se il problema è lo sperpero, è l’incuria, è il ritardo, che ci sta a fare un Governo di tecnici e professori se non è in grado di garantire una gestione limpida e coerente delle spese nazionali?”. Infine, alcune notazioni “di stile”. Non ci piace che un Premier faccia capire di essere rimasto infastidito dagli appelli di esponenti del mondo dello sport, della politica, della cultura e del mondo economico (e di tanti semplici cittadini) che lo invitavano a firmare per la candidatura di Roma; e che - forse per questo - si arrivi a sfiorare lo sgarbo istituzionale facendo aspettare per ore in anticamera i vertici del mondo sportivo nazionale (persone per cui non nutriamo grande considerazione, ma non è questo il punto) quando la scelta era già stata fatta. Non ci piace nemmeno, però, che molti firmatari di quegli appelli - subito dopo la decisione di Monti - abbiano dimostrato di essere dei veri acrobati dichiarandosi d’accordo con lui. Abbiamo constatato con soddisfazione che a loro non si è unito il Presidente della Provincia Nicola Zingaretti, che ha sobriamente espresso il suo profondo rammarico per la decisione presa.

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