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CULTURA E SPETTACOLI​

 

 

LUCA BARBAROSSA :"VI RACCONTO LA MIA AVVENTURA CON L'ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO"

Cantautore e conduttore radiofonico, nonché “monteverdino doc”, Luca Barbarossa è salito sull'arca dell'Orchestra di Piazza Vittorio, per la ripresa de “Il giro del mondo in 80 minuti”, lo spettacolo andato in scena al Teatro Olimpico dal 21 al 26 gennaio.  

 

Come è nata questa avventura?

Sono un ammiratore dell'Orchestra, ho visto tutti i suoi spettacoli. Spesso ho ospitato i musicisti a “Radio2 Social Club” per farne conoscere al pubblico la grandissima qualità; ne è nata un'amicizia sincera e la voglia di fare qualcosa insieme. Sono molto felice, c'è grande sintonia.

Ognuno ha portato sul palco la propria storia. Qual è stato il suo contributo?

Una canzone romana scritta da Romolo Balzani un secolo fa, con un ottimo arrangiamento di Mario Tronco. È stato un bel momento di contaminazione, in cui io sono stato “lo straniero”.

Tutti hanno anche una valigia, nella sua cosa c'è?

La volontà di partecipare ad un progetto di immenso valore artistico ed umano. L'Orchestra di Piazza Vittorio rappresenta un'utopia realizzata, restituisce l'immagine di come dovrebbe essere il mondo.

Cioè?

Un mondo in cui le persone vivono in armonia e vengono valorizzate le differenze. Sono un'enorme ricchezza, consentono uno scambio costruttivo. E anche io mi sono arricchito, è come se avessi ricevuto un regalo inaspettato. Il pubblico ha capito il tentativo di prospettare in ottanta minuti una vita migliore, salendo su una zattera con una valigia e una canzone.

Non c'è viaggio senza foto. Qual è la sua immagine più bella?

L’ho “scattata” durante le prove, in un momento corale di gioco. Rappresenta perfettamente il senso dell'unione e il privilegio di lavorare con divertimento.

 

Tiziana Boldrini                                                                                                                                                                                      II/14

 

LA NOSTALGIA DI NICOLAS VAPORIDIS

L’attore non dimentica il periodo in cui ha frequentato il Liceo “Manara” a Monteverde  

 

Nicolas Vaporidis, attore trenta- duenne di padre greco e madre romana, nell’ ottobre scorso ha recitato al Teatro “Sala Umberto” nello spettacolo Lo Sfascio, interpretando un piccolo truffatore che vive negli anni Settanta a Roma. Lo abbiamo intervistato. 

 

Il protagonista della commedia è un uomo senza virtù?

È un ragazzo di strada. Come i suoi amici vive di espedienti, non ha valo- ri e prende ciò che vuole con la vio- lenza, non ha attenuanti.

Non c’è riscatto?

No, assolutamente. Lo spettacolo è un ritratto lucido e spietato della realtà.Ognuno ha portato sul palco la propria storia. 

Cos’ è lo sfascio, oggi?

La decadenza morale. Rispetto, correttezza e solidarietà sono ormai quasi scomparsi, c’è la corsa ai soldi e al successo. Si pensa solo al presente, c’ è molto egoismo.

C’ è una soluzione?

“Coltivare” l’ altruismo e guardare al futuro, per lasciare a chi verrà un mondo migliore. Nel mio piccolo cerco di essere attento e disponibile.

Cosa ama degli anni Settanta?

La musica, la più bella del secolo scorso; e anche la moda. Mi piace anche la grande voglia dei giovani di quell’ epoca di cambiare le cose. 

Che effetto fa stare sul palcoscenico di un teatro importante come quello di via della Mercede? 

Entusiasmante, ci sono grande preparazione ed attenzione ai dettagli. Lavoro con attori bravissimi (Augusto Fornari, Alessio Di Clemente, Riccardo De Filippis, Jennifer Mischiati) e sto imparando molto. In teatro ogni sera cambia tutto, è stimolante improvvisare. Oltre agli altri attori devi ascoltare di più il pubblico: è lì che respira, ride, borbotta, non puoi non tenerlo in consi- derazione.

Lei non ha mai nascosto di essere molto legato al quartiere di Monteverde. 

È vero, in particolare non posso non ricordare con nostalgia il periodo in cui ho frequentato il Liceo “Luciano Manara”, dove mi sono diplomato.

Cosa pensa del matrimonio?

Ti rafforza e ti costringe a lavorare sulle difficoltà. È un passo importante, che sono felicissimo di aver fatto. 

 

Tiziana Boldrini                                                                                                                                                                                      XII/13

 

ANTONELLO FASSARI, TRA “LA RICOTTA” E I CESARONI

 

 

Grande successo al Teatro Vascello dal 25 al 27 gennaio per La Ricotta. “Quando non ho impegni - spiega Antonello Fassari, regista e protagonista dello spettacolo tratto da un testo di Pier Paolo Pasolini - lo ripropongo sempre perché lo trovo meraviglioso, un capolavoro letterario di grande attualità. Pasolini è un pozzo di San Patrizio, è dantesco, ogni volta scopro nuove chiavi di lettura”. Il racconto “popolare, drammatico, divertente e commovente” ha fatto accorrere al teatro di via Carini - a Monteverde Vecchio - anche i fan de I Cesaroni, la celebre serie televisiva in cui Fassari veste i panni dell’ oste Cesare: “Ricordo una ripresa milanese, c’ erano tanti ragazzi e molti studenti universitari ad osservarci. Sono sicuro - prosegue convinto - che continuerà a suscitare nel pubblico curiosità ed interesse”. In attesa delle riprese della sesta serie l’ attore romano è stato sul set con Claudio Amendola, al debutto come regista con il film La Mossa del Pinguino: “Mi ha proposto un personaggio bellissi- mo, non ho potuto non accettare” afferma Fassari. Il protagonista de La Ricotta, invece, si chiama Stracci e muore come Gesù Cristo: “Oggi quelli che finiscono in croce sono i diseredati della Terra - prosegue Antonello - quelli che fanno le traversate della speranza in gommone. Ma sono anche coloro che non colgono le opportunità di studio e di crescita, ce ne sono un’ infinità. Quando eravamo più poveri c’ era più voglia di imparare, ora si sente povero chi non è in grado di soddisfare i bisogni materiali, che spesso sono tecnologici”. Pronto a vestire di nuovo i panni di Cesare Cesaroni, Fassari è ancora entusiasta del suo ruolo: “Se i personaggi sono scritti bene non c’ è usura. Certo, c’ è stato un leggero calo di ascolti: quando si vogliono miscelare troppi generi si perde qualcosa. Il pubblico vuole vedersi raccontato, ama immedesimarsi nei personaggi. Anch’io preferisco i Cesaroni dei casini sul lavo- ro, delle multe, dei problemi familiari: l’ aderenza alla realtà è la chiave del successo”. Per il futuro l’attore si augura più serenità, anche se è difficile crederci: “Spero di vedere meno persone arrabbiate, frustrate ed esasperate dal momento che stiamo vivendo. Mi auguro che la Politica compia atti importanti ed illuminati. Tante delle nostre difficoltà dipendono da uno Stato che ci lascia soli, che si comporta soltan- to come un esattore”.  

 

Tiziana Boldrini                                                                                                                                                                                      VI/13

 

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