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ANIMALI AMICI MIEI

Sull’isola del basso Tirreno in cui mi trovo gruppi di Rondini sostano da sempre, incuranti del vulcano (lo Stromboli) che romba. Si rifocillano prima di riprendere il loro lungo viaggio. Da molti anni, due volte all’anno, le guardo compiere le loro evoluzioni e mi incanto alla vista del loro volo veloce, leggero e acrobatico.
Vediamo la scheda di questo uccello che, dopotutto, è un immigrato. Ordine: Passeriformi. Famiglia: Irundinidi, insieme (in Italia) a Balestruccio, Rondine montana. Rondine rossiccia, Topino. Generalità: Hirundo rustica, nata in Europa ma residente anche in Africa. Lunghezza: circa 20 centimetri, compresa la caratteristica coda (di una decina di centimetri) divisa in due. Apertura alare: 30-35 centimetri. Peso: circa 20 grammi.
Tipico uccello migratore, questo aerodinamico “esserino” ha la forza di spostarsi per molte migliaia di chilometri ogni anno. Nidifica in Europa, Asia e America settentrionali e sverna in Africa, Asia e America meridionali. I piccoli, quindi, compiono il loro primo viaggio quando hanno solo pochi mesi. La vita media delle Rondini è di circa tre anni, ma sembra che alcuni esemplari abbiano raggiunto i quindici; la cosa mi pare sorprendente, perché è come se un uomo vivesse 350 anni.

Confesso che mentre sto guardando le Rondini di tutti questi dati mi interessa assai poco. Le Rondini mi volteggiano attorno e non ho difficoltà a contarle: un giorno quattro, un altro dieci, oggi sei. Arrivano da Nord e danno l’impressione di aspettare altre compagne con cui affrontare insieme il volo verso la Sicilia, per poi sorvolare il mare fino alla Tunisia e ancora superare il Sahara, per raggiungere infine l’Africa equatoriale. Aspettano perché sono poche e sempre di meno.
Nessuno ormai, almeno spero, uccide le Rondini, ma esse percorrono lo stesso inesorabile processo di lenta estinzione del mondo in cui si sono affermate come specie vitale. Un mondo che io stesso ho visto andare scomparendo nel corso della mia vita, il mondo dei campi e dei contadini, il mondo rustico, di campagna, come rustica è la nostra Rondine.
Il progresso economico, lavorativo e civile delle campagne toglie alle Rondini le fondamentali condizioni vitali: cibo, luoghi di riproduzione, abitudini radicate. Arrivano per nutrirsi di insetti volanti, specialmente mosche e zanzare: una attività preziosa per l’uomo, ma ormai superata, come la zappa. Fossi e siepi, luoghi ricchi di prede, hanno lasciato il posto alle distese di agricoltura intensiva protetta dai pesticidi; il cibo scarseggia e spesso è avvelenato. Vengono, le Rondini, per costruirsi un nido di fango, come un cestello sopra qualche sporgenza al riparo, e lì far nascere nuove generazioni; trovano stalle ed edifici ristrutturati, organizzati, inaccessibili. Per loro, come per i pipistrelli, il mondo è diventato terribilmente ostile.
Partono, le Rondini, ma non sanno più quando. Il clima si sta riscaldando e così aspettano a partire, magari fino a novembre, col rischio di finire in balìa delle tempeste e del freddo improvviso.
Secondo uno studio internazionale tra il 1970 e il 1990 le Rondini si sono ridotte del 40% e il brutto doveva ancor venire. Gli ambientalisti, con in testa la Lipu, fanno il possibile perché siano mantenute alcune condizioni favorevoli - almeno lungo i “corridoi” migratori - e decine di Comuni hanno approvato apposite delibere salvarondini, ma il loro grande volo è finito.
Le “mie” Rondini sono partite mentre scrivevo di loro, con un volo che viene dalle profondità del passato e che accompagna anche - chiedo scusa - la mia nostalgia.
Recita il proverbio che “una Rondine non fa primavera”. Dio voglia che non venga mai il giorno in cui non ci sia neppure una rondine ad annunciare una inutile primavera.

di Paolo Cappelli

Rondini, un volo dalle profondità del passato

Quando arriva l’estate le orchestre sinfoniche vanno in vacanza, ma il loro posto viene preso da un’orchestra assai più grande: i suoi componenti sono miliardi di insetti, cicale e grilli. Si tratta di animali che allietano o disturbano (dipende dal nostro stato d’animo) le ore di chi ha nelle vicinanze un pezzo di terra e qualche albero. Sono “suonatori” e non “cantanti”: nessun suono proviene dalle loro gole. Le cicale (circa 1.500 specie dell’ordine degli Omotteri) “suonano” grazie a quattro cavità - poste nella parte inferiore del loro corpo - coperte da alcuni opercoli (i timbali) che chiudono una cassa di risonanza delle vibrazioni muscolari. Le cicale sono gli insetti più rumorosi al mondo: il loro suono può raggiungere i 100 decibel, come un martello pneumatico (la maggior parte delle femmine, però, sono mute). I grilli (circa 900 specie dell’ordine degli Ortotteri) trillano invece grazie alle doppie lime situate sulle ali anteriori. Ciascuna specie si distingue per la particolarità della musica che “suona”.

I grilli propriamente detti sono presenti in Italia con cinque specie molto diffuse: il grillo del focolare (giallastro, ama le case di campagna); il grillo campestre (nerastro lucido, si “esibisce” all’imbrunire e prima dell’alba); il grillo nero; il grilletto canterino (gialloverde e campagnolo); il grillotalpa (notturno, vive in gallerie scavate sottoterra).

Pare che il termine grillo indicasse originariamente i danzatori egizi impegnati in rappresentazioni grottesche e licenziose. I caratteri grotteschi del grillo, evidenziati già da Plinio il Vecchio, permangono durante il Medioevo. Secondo alcuni questo nome evoca anche ai giorni nostri  tendenze grottesche e urlanti, ma non si può affermare che queste ipotesi siano state provate scientificamente. I grilli sono attualmente oggetto di grande “attenzione culinaria”: c’è chi prevede che in un futuro non troppo lontano essi, insieme ad altri insetti, sfameranno la popolazione mondiale. In Occidente, sempre all’avanguardia, essi sono già considerati come leccornie dalla “Nouvelle cuisine”.

A quasi tutti noi è stata raccontata la favola di Esopo (ripresa da La Fontaine) che contrappone la cicala alla formica. La riassumiamo per i pochissimi che non la conoscano: all’arrivo dell’autunno la cicala chiese cibo alla formica, che le rispose: “Hai cantato tutta l’estate mentre io lavoravo? Ora balla”. Devo dire che la formica appare non solo piuttosto antipatica, ma soprattutto disinformata. Mettiamoci nei panni di una cicala: dalle uova deposte sugli alberi si schiudono dopo sei settimane le larve che cadono, scavano e si mettono sottoterra (dove in seguito “succhiano” le radici). Le cicale non hanno molte probabilità di crescere, dato che teoricamente da ogni Cicadella libera di riprodursi potrebbero originarsi mezzo miliardo di discendenti all’anno: se non morissero quasi tutte il mondo sarebbe da tempo ricoperto di cicale. Finalmente, dopo una vita trascorsa scavando al buio, la cicala sopravvissuta diventa adulta, torna all’aperto e… si mette a “suonare” per cercare qualcuno con cui accoppiarsi. Di solito lo stato larvale dura un paio di anni, ma c’è una specie, la Magicicada septemdecim, che ci mette ben 17 anni ad uscire. La conclusione? Dopo una vita infernale sale in superficie e trova una formica che le dà della nullafacente e la lascia morire di fame!

Concludiamo con un’indicazione di servizio. Se vi interessa seguire l’andamento della temperatura ora per ora - e quindi non vi accontentate di leggere l’interessantissima rubrica curata dal nostro bravissimo Leo Mastropasqua - procedete così: prendete un aereo e andate in Nord America, procuratevi un grillo del genere Oecanthus e poi tornate a casa, stando attenti a nutrirlo durante il viaggio. Questo grillo è sensibilissimo alla temperatura dell’ambiente e più fa caldo più trilla, con precisione assoluta. Basta contare quanti trilli fa in 15 secondi e aggiungere 39: il risultato è l’esatta temperatura di casa vostra in gradi Fahrenheit. Non resta che convertire il tutto in gradi Celsius con un’operazione molto semplice: gradi Fahrenheit - (meno) 32 : (diviso) 1,8. Il sistema è garantito, ma sappiate che ci sono molte persone che preferiscono comprare un termometro.

 

(p.cappelli@libero.it)

Concerti d’estate
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